Da dove inizia il processo creativo?
“Si parte sempre da una necessità. Nel nostro settore, come in tanti altri, per mantenere una posizione di leadership bisogna arrivare alla soluzione prima degli altri. Per farlo serve una mentalità flessibile, aperta al cambiamento: nel nostro caso, il fatto di trovarsi ogni giorno a dover risolvere problemi complessi e sempre diversi è lo stimolo che ci guida e che genera il processo creativo”.
Una creatività mai fine a se stessa, ma sempre legata a una necessità reale, dunque.
“Certo. Siamo un’industria e come tale la nostra funzione è quella di produrre oggetti; oggetti che devono però essere calibrati sulle effettive esigenze dei nostri clienti e delle persone. E questo lo facciamo in due modi: da un lato offrendo risposte innovative a problemi già esistenti; dall’altro immaginando, anticipando e proponendo novità, sempre sulla base di una profonda conoscenza di cosa serve al settore”.
Ma cosa vuol dire creatività per una realtà industriale come la vostra? E come si applica?
“Esiste una creatività visibile a tutti e una più nascosta, ma essenziale. La prima è costituita dal risultato finale, ovvero il prodotto finito, mentre la seconda riguarda una serie di aspetti diversi che coinvolgono l’intero processo industriale. A livello di produzione, creatività significa saper plasmare acciaio e alluminio, partendo da materia prima piana e rigida per dare forma a geometrie complesse; una piccola arte che si ottiene con capacità tecnica ed esperienza. Poi c’è naturalmente la creatività nella progettazione: anche un ingegnere meccanico è un creativo, in quanto ha il compito di utilizzare le sue conoscenze per superare i limiti stessi imposti dalla tecnologia di cui dispone. Ma creatività è anche abilità nel predisporre un reparto produttivo, assemblando i macchinari per ottenere una linea flessibile, efficiente e in grado di essere modificata e riadattata rapidamente a seconda delle esigenze. Infine, siamo italiani: siamo abituati alla bellezza, quindi anche l’occhio vuole la sua parte, perfino quando si tratta di prodotti industriali. E questo non ha a che fare solo con l’estetica, ma con il design e la funzionalità”.
In questo processo, quanto dipende dalle capacità individuali e quanto invece da precise scelte aziendali?
“La capacità dei singoli è fondamentale ed è per questo che investiamo sul valore delle persone, sulla formazione e sulla crescita in azienda. È ovvio che però serve un coordinamento, un modus operandi, qualcosa in grado di unire le forze di tutti verso un obiettivo comune. Questo elemento per noi è la ricerca, il vero e proprio motore di Conf Industries, che riguarda non soltanto l’ufficio tecnico, ma tutti gli ambiti aziendali. Ricerca è la spinta costante a fare meglio, con prodotti più efficienti, riducendo i costi, accrescendo il know-how, producendo in modo più sostenibile, scoprendo nuove applicazioni, comunicando in modo più efficace e accrescendo il benessere delle persone, in azienda e fuori. Con questo approccio si instaura un circolo virtuoso che spinge tutti a mettere in campo energie nuove, ogni giorno, per migliorare ogni singolo aspetto”.
Si potrebbe dire che la creatività non sia altro che un modo di fare e di pensare.
“È proprio così. Essere creativi vuol dire non accontentarsi, mettere in discussione ciò che si è fatto oggi sapendo di poter sempre fare meglio. Per crescere, in fondo, quello che conta davvero non è tanto raggiungere il traguardo, quanto il percorso tra un obiettivo e il successivo. E per farlo serve pensare fuori dagli schemi, senza farsi condizionare o frenare dalle abitudini. In questo campo non ci sono manuali da leggere o regole già scritte: bisogna conoscersi e conoscere bene i propri limiti. Solo così è possibile superarli”.