Professoressa Stroppa: come ha inizio la storia della Valle delle Cartiere?
“Il primo documento che attesta la presenza di una cartiera sul torrente Toscolano è del 1381, ma l’uso di seriole per sfruttare le acque è testimoniato molto prima. Il vero sviluppo avviene verso la fine del Quattrocento, grazie alla crescita di domanda di carta conseguente all’invenzione della stampa. La manifattura delle cartiere raggiunge il suo massimo splendore tra i secoli XV e XVI, come polo produttivo tra i più importanti per la Repubblica di Venezia. E nel legame con la Serenissima sta proprio uno dei motivi di successo commerciale di tale produzione”.
Perché proprio qui?
“Il fattore principale è sicuramente quello ambientale-logistico, dovuto alla presenza dell’acqua, la cui valenza è almeno triplice. In primo luogo, l’acqua del torrente Toscolano, che forniva l’energia cinetica per far funzionare i mulini e gli impianti meccanici necessari alle lavorazioni; l’acqua serviva poi a far macerare i panni nelle grandi vasche, passaggio fondamentale, insieme alla follatura, per la produzione della carta di stracci; infine, la prossimità del lago, vera autostrada commerciale del tempo, che consentiva il trasporto della merce fino alla sponda opposta e metteva in collegamento Toscolano con Venezia. Gli stampatori del bresciano erano tra i migliori artigiani del settore e il loro successo alimentava, di conseguenza, il bisogno di materia prima, facilmente reperibile e a costi competitivi. Ancora oggi a Brescia si registra un’alta concentrazione di editori e tipografie, fatto non causale che si collega a queste radici storiche tardo medievali”.
Che tipo di fabbriche erano le cartiere del tempo?
“Non abbiamo archivi tali da darci informazioni tanto precise. Sappiamo, però, che in genere si trattava di aziende piccole ma molto produttive, una decina forse in tutta la valle. Oggi sembrano poche, ma per l’epoca si trattava di un numero cospicuo, perché quella della carta era una produzione preziosa e costosa, destinata a un mercato di categorie professionali specifiche, alle istituzioni pubbliche ed ecclesiastiche e poi al grande mondo della cultura, dei libri e dell’istruzione. Va sottolineato che il limitato livello di alfabetizzazione riduceva il numero di copie di libri stampati e la loro circolazione. Il tutto però va letto all’interno di una popolazione inferiore di quella odierna e questo conferma la rilevanza di tale settore produttivo”.
Professor Archetti: quali erano i clienti delle cartiere?
“Ad acquistare carta come materia prima erano soprattutto gli stampatori della zona che erano numerosi e molto noti, con una professionalità tanto elevata da attirare l’interesse anche da fuori, specie da Venezia. Vi erano poi le istituzioni pubbliche, i comuni, la chiesa, gli enti di governo che si servivano della carta per la loro attività istituzionale e per la produzione di documenti, registri e inventari. Non meno importanti erano la clientela privata, le aziende nobiliari rurali, le imprese di mercanti e artigiani che impiegavano la carta per la loro professione, la redazione di atti notarili ed economici o la tenuta dei conti. Non dimentichiamo inoltre l’utilizzo della carta per la corrispondenza, fatto che interessava tutta la società”.
Quando si chiude l’epoca della Valle delle Cartiere e perché?
“Una prima battuta d’arresto fu causata dalla peste del 1630, ma l’inizio del declino arrivò con la fine della Serenissima. Nell’Ottocento molte imprese chiusero, non riuscendo a restare al passo con i mercati urbani lontani e con i processi di industrializzazione; così, pian piano, la produzione cominciò ad abbandonare la valle. Con l’arrivo dell’elettricità anche i mulini ad acqua persero la loro importanza, cambiarono le tecniche produttive e la nuova meccanizzazione seguì l’uso di differenti materie prime: la pasta di stracci, infatti, lasciò il passo alla pasta di cellulosa. Era la fine di un’epoca, ma non della carta: tecniche nuove e prodotti nuovi, adatti ai tempi, via via più accessibili”.
Possiamo parlare di un modello di industria sostenibile?
“In passato la sostenibilità è sempre stata alla base dell’economia, in qualsiasi settore: l’acqua usata per far muovere i mulini era poi impiegata nelle vasche di macerazione o utilizzata per irrigare; gli stracci destinati a produrre carta erano indumenti vecchi e tessuti di scarto; il trasporto avveniva su barche che sfruttavano la presenza del lago, del vento e delle correnti. Una sostenibilità economica e sociale, dettata dalla necessità di non sprecare nulla e facendo tesoro del poco che si aveva. Adesso è cambiato tutto e la sostenibilità è spesso uno slogan pubblicitario per vendere di più. Il valore sociale, economico ed etico non è venuto meno; molte aziende lo capiscono e si ingegnano con impegno per i loro processi produttivi. La cultura, il paesaggio e gli impianti che un tempo hanno favorito lo sviluppo della Valle delle Cartiere possono diventare un veicolo per raccontare la storia di un territorio e promuove un turismo intelligente, attento e sostenibile. Questo patrimonio del territorio può tornare a vivere se viene percepito come uno spazio di vita per le comunità che stanno nella valle e sul lago. Diversamente saranno storie di imprese, di famiglie e ambienti cancellati per sempre. E noi con loro”.