Come lasciare il pubblico senza parole
È capitato a tutti, a scuola, all’università, al lavoro o magari più banalmente durante l’assemblea di condominio, di dover prendere la parola davanti a una platea di spettatori. Come è andata? Scena muta? Congiuntivi sbagliati? Discorsi interminabili e/o incomprensibili?
Eppure non era così difficile, nella nostra testa sapevamo esattamente cosa dire.
E allora cosa è successo? Perché spiegare qualcosa a una persona alla volta è facile mentre quando diventano tante tutte insieme no?
Conosciamo bene le classiche risposte: “è che io non sono portato”, oppure “non riesco perché sono timido”, o ancora “la gente che mi guarda mi mette ansia”. Tutte cose verissime: insicurezza e introversione non aiutano. La bella notizia però è che a parlare in pubblico si può imparare. E ci possono riuscire tutti.
Niente panico, sono solo parole.
Qualcuno potrebbe trovarsi in disaccordo con il titolo di questo paragrafo e non avrebbe tutti i torti. “La parola ferisce più della spada”, recita il proverbio, e comunque a nessuno piace fare figuracce in pubblico.
Come evitarle? Con l’allenamento. Parlare in pubblico non è qualcosa che si apprende leggendo un manuale o guardando un tutorial. Senza pratica la teoria può ben poco. È come imparare a giocare a tennis o a suonare il pianoforte: più ci applichiamo e più possiamo migliorare.
Conosci il tuo pubblico
Chiariamo subito una cosa: il pubblico non è un’entità astratta e sempre uguale. Il pubblico cambia in base al tipo di contesto e alle persone che lo compongono, e anche il medesimo pubblico può cambiare comportamento durante lo stesso evento.
La prima mossa, quindi, è studiare chi abbiamo davanti, osservare le reazioni sui volti e nei movimenti, incrociare gli sguardi e ascoltare il respiro. Quello che dobbiamo fare è spostare la nostra attenzione dall’interno all’esterno, cogliendo i segnali e trovando i tasti giusti da premere.
Scegli le parole giuste
Mi capita a volte di assistere a interventi di manager e imprenditori che di fronte a una platea di esterni fanno abbondante uso di termini ed espressioni gergali o noti solo a chi lavora nella loro azienda. Risultato? Il pubblico non capisce, perde interesse e il messaggio non passa. Non un gran successo, né per lo speaker, né tantomeno per l’impresa.
Parlare in pubblico non è parlare allo specchio, quindi non dobbiamo mai dare per scontato che se una cosa è chiara a noi lo sia anche agli altri. Al contrario, dobbiamo adattare con prudenza il vocabolario al contesto, parlando con chiarezza, evitando di saltare da un argomento all’altro e semplificando al massimo i concetti che esprimiamo.
Parole lente, pensieri veloci
Prendiamo una qualsiasi melodia: se eseguissimo le note tutte di seguito indistintamente, sarebbe ancora la stessa? Ovviamente no. Senza un tempo, un ritmo e delle pause non esiste musica, ma solo una sequenza meccanica di suoni.
Stessa cosa vale per le parole. Dobbiamo frenare la tendenza a parlare troppo velocemente e imparare invece a pronunciare le frasi con il giusto ritmo, scandendo i concetti, senza aver paura di inserire delle pause e sapendo sempre a che punto ci troviamo. Se dominiamo il tempo, dominiamo il nostro pubblico.
L’improvvisazione non si improvvisa.
Come fare a non perdere il filo del discorso? Molti tentano di imparare tutto a memoria, una strategia pericolosa perché aumenta la cosiddetta “ansia da palcoscenico”, focalizzando l’attenzione di chi parla su di sé e sulla possibilità di sbagliare.
All’opposto, andare completamente a braccio rischia di farci finire fuori tema, di essere troppo lunghi o troppo brevi. Quello che consiglio io è di prepararsi dei punti, delle “isole”, e poi di navigare tra una e l’altra senza una rotta definita, seguendo la corrente.
In questo modo quello che diciamo farà più presa, anche perché riusciremo a raccontarlo ogni volta in modo diverso, mantenendo viva quella che è la risorsa più importante su un palco, ovvero la tensione emotiva.
Ciò che il pubblico si porterà a casa non sono le battute o gli aneddoti, ma le emozioni che saremo in grado di trasmettere.
Usa le parole in modo sostenibile
C’è poi un altro aspetto fondamentale che coinvolge non solo il public speaking ma anche gli altri ambiti della comunicazione. Il web e i social media hanno provocato una proliferazione della parola: si dice e si scrive troppo, creando una valanga di contenuti che però sono di scarsa qualità, ripetitivi e poveri di informazioni.
Non è un caso che la nostra soglia di attenzione stia continuando ad abbassarsi: è una forma di autodifesa che sviluppiamo per contrastare questa marea di parole che ogni giorno ci travolge e che rende quasi impossibile farsi ascoltare quando siamo noi a voler comunicare.
Si calcola che mediamente una persona può arrivare a pronunciare anche 20 mila parole in un giorno, mentre i singoli termini utilizzati sono molti meno.
In sostanza, parliamo molto, ma diciamo poco.
La proposta che vorrei fare è questa: proviamo a parlare meno e ad ascoltare di più: l’energia risparmiata la possiamo investire per migliorare la nostra capacità di comprensione degli altri e per espandere le nostre conoscenze e il nostro vocabolario, così da essere sempre in grado di trovare le parole giuste. E di conquistare il nostro pubblico.
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