Quando la parola diventa immagine
Partiamo dalla sua definizione: il lettering è lo studio delle lettere e dei caratteri tipografici in generale, compresi numeri e segni di punteggiatura, finalizzato alla creazione di un disegno, di una forma artistica che va oltre il significato del segno scritto.
In grafica il termine indica comunemente l’operazione di selezione dei caratteri con cui comporre il testo di un annuncio o, nel caso del brand lettering, del logotipo, ovvero la parte testuale, il nome della marca.
Il lettering è una disciplina che unisce creatività e competenze artigianali e che necessita di una spiccata sensibilità per interpretare i valori, l’essenza e gli obiettivi del brand o del messaggio in questione.
Un lavoro tutt’altro che banale, da cui può dipendere il successo dello stesso brand: messe una di fianco all’altra, le lettere creano infatti un’immagine che sarà tanto più efficace quanto più curata sia stata la loro scelta, elaborazione e composizione.
Regola numero uno: essere leggibili
Possiamo anche disegnare un logo bellissimo, ma se il nome dell’azienda o del prodotto non sono leggibili siamo sulla strada sbagliata. Un logo non è un graffito sul muro o la tag di un artista di strada, ma il primo e più importante strumento di comunicazione del brand; di conseguenza non ci possiamo permettere errori o leggerezze.
Ma come si rende un logo leggibile? Scegliendo attentamente il font di partenza in funzione della lunghezza del nome e delle lettere che lo formano. Sappiamo che un testo scritto in maiuscolo è più difficile da leggere; quindi questa potrà essere una scelta consigliabile per i nomi brevi, non per quelli lunghi o composti da più parole. Utilissimo è inoltre sperimentare con le varianti offerte dalle famiglie di font (come bold, corsivo, light, extrabold, black), che moltiplicano il ventaglio di opzioni a disposizione.
Fondamentale è infine la crenatura, ossia la spaziatura tra una lettera e l’altra, che deve essere né troppo ampia né troppo stretta, per consentire all’occhio di ‘vedere’ la parola, percependone il significato in modo istantaneo, senza doverla leggere una lettera alla volta. In questo caso non bisogna affidarsi alle impostazioni di default dei software di grafica, ma gestire la crenatura in modo consapevole.
Un font è sempre figlio del suo tempo
Con in mente sempre la leggibilità, bisogna poi chiedersi quale font sia più adatto agli scopi. Ognuno racchiude in sé i segni dello stile dell’autore, uno stile influenzato dall’arte e dalla cultura degli anni in cui ha vissuto, e ciò deve essere tenuto in considerazione nella scelta.
Se per esempio dovrò parlare a un target giovane, cresciuto nell’era digitale, sarà opportuno orientarsi verso una famiglia di font nativi per il web e adatti alle forme e alle modalità di lettura online.
Il mezzo fa il lettering
Fino a non molto tempo fa, i brand erano molto conservativi: gli interventi estetici di ammodernamento del logo erano poco frequenti, anche ogni venti o più anni. Oggi la velocità di consumo dell’informazione digitale impone ai brand di aggiornarsi più spesso, di essere mutevoli e di adattarsi continuamente alle frequenti innovazioni tecnologiche.
Prima i loghi erano più complessi, arricchiti con sovrastrutture e colori, mentre oggi si tende alla semplificazione assoluta, dover a prevalere sono i contrasti e le forme più semplici, così da ottimizzare le performance visive in qualunque contesto.
È quello che hanno fatto negli ultimi 5/7 anni tutti i marchi più importanti, attraverso operazioni di restyling profondo, con l’obiettivo di ridurre il marchio all’essenza e far sì che si fonda con l’immagine, diventando parte del processo digitale.
Semplificazione e creatività: il caso di Metalmeccanica Alba
Recentemente ci siamo occupati del rebranding di Metalmeccanica Alba, azienda trevigiana che produce arredi in metallo per il B2B. L’idea del management era utilizzare il solo nome ‘alba’ a sintesi di tutte le attività, rinunciando a un approccio strettamente business di tipo industriale per riuscire a essere identificati e riconosciuti anche dal consumatore finale.
Il processo di ricerca è stato molto lungo: bisognava trovare un font che fosse semplice ma bello esteticamente, non troppo elaborato, dotato di forte personalità e longevo, da utilizzare come pilastro dell’identità aziendale degli anni a venire.
La scelta è caduta su Apron, un font nato negli anni 2000 e studiato proprio per titolazioni e naming per il mondo digitale, grazie alla sua compattezza e al suo sviluppo verticale che lo rende perfetto per lo spazio compresso di smartphone e template web.
Ci abbiamo lavorato un po’ per aumentarne le performance e arrivare all’idea che avevamo in mente, eliminando ogni spigolosità e curando ogni aspetto nei minimi dettagli, per rendere il tutto più bello, armonico e leggibile.
Risultato? Un logo essenziale e di forte impatto, molto più semplice, ma allo stesso tempo più evoluto.