Tutte le storie parlano al cuore
Le storie sono ovunque. Ci fanno compagnia, ci intrattengono, ci rubano il sonno, ci fanno ridere, piangere, sognare, innamorare e anche arrabbiare. Le storie fanno parte della nostra vita, a partire dalle favole della buonanotte che ci raccontavano da piccoli fino alle serie tv a cui non riusciamo a rinunciare.
Quella di raccontare storie è una pratica antica quanto l’umanità, legata a un’esigenza primordiale dell’uomo: comunicare con gli altri per scambiarsi informazioni, esperienze e conoscenza.
Una pratica che nel tempo si è evoluta insieme alla nostra civiltà, prima oralmente, poi con la scrittura, a volte riportando ciò che accade e altre volte prendendo le distanze dalla realtà per creare mondi di fantasia.
Dalla letteratura al marketing
Raccontare una storia però non vuol dire semplicemente esporre in modo cronologico gli eventi o descrivere qualcosa a parole. Fatti, luoghi e personaggi sono solo gli ingredienti, ma per scrivere una storia di successo bisogna conoscere la ricetta.
Lo sanno bene i romanzieri, i giornalisti, gli autori televisivi, i registi, gli sceneggiatori, ma anche gli insegnanti, gli educatori, i leader politici e religiosi. E lo sanno bene anche gli esperti di marketing, così bene da aver coniato un termine apposta.
Poche storie. È Storytelling.
Da quando è stato adottato nella comunicazione di brand e imprese, lo storytelling si è affinato moltissimo, diventando una disciplina sempre più ampia e approfondita e arricchendosi di tecniche prese in prestito dalla retorica, dalla psicologia, dalla letteratura e dal cinema.
L’obiettivo è creare contenuti in grado di stabilire una connessione emozionale con il pubblico (in questo caso non il semplice lettore o spettatore, ma il cliente o il potenziale acquirente), riuscendo a essere riconosciuti e a far ricordare il proprio messaggio.
E quale modo migliore di farlo se non raccontando una storia? Mettendo in scena qualcosa di universale come le emozioni, siamo in grado di toccare le corde più profonde delle persone, il loro cuore, ispirando le loro azioni e influenzandone i pensieri e il comportamento.
Esiste una formula magica?
È possibile trovare centinaia di manuali pieni zeppi di tecniche per creare storie efficaci adatte a ogni tipo di prodotto, impresa, pubblico e a qualsiasi mezzo di comunicazione, per costruire un brand, farlo crescere, creare campagne efficaci e memorabili, distinguersi dalla concorrenza e fidelizzare il cliente.
Le storie possono essere semplici, complesse, multiple, avere uno o più protagonisti, procedere in modo lineare o non lineare, cominciare dall’inizio, da metà o dalla fine, avere un narratore interno o esterno.
E poi ci sono i registri: realistico o fantastico? Serio o ironico? Romantico o avventuroso? E perché non un mix che ne fonda insieme diversi?
Le combinazioni a nostra disposizione sono potenzialmente infinite. Come fare allora a orientarsi in questo mare di possibilità per riuscire a creare delle storie efficaci?
Dalla teoria alla pratica
Il vantaggio principale di scrivere per un cliente è che non si parte mai da un foglio bianco. C’è sempre un progetto, un vissuto, un prodotto, un’azienda, delle persone e delle storie da conoscere, che costituiscono le nostre risorse di base.
Per contro, il rischio principale è quello di dimenticarsi che non stiamo scrivendo per noi stessi, ma per qualcun altro e, soprattutto, non lo stiamo facendo per intrattenere il nostro pubblico, quanto piuttosto per raggiungere un obiettivo.
Quindi va bene la creatività, ma mai fine a sé stessa. Per usare una similitudine, lo storytelling non è come dipingere un quadro a mano libera: è più come unire i puntini nel giusto ordine per ottenere la figura che vogliamo.
A complicare le cose c’è poi il fatto che spesso le informazioni che si vogliono inserire nel contenuto (testuale o video) sono molte (se non troppe). In queste condizioni è più difficile trovare un’idea adatta e uno sviluppo narrativo in grado di contenerle tutte in modo coerente.
Una storia, molte storie. Il caso Tognana
Un caso emblematico è stato il nuovo video corporate di Tognana, storica azienda trevigiana conosciuta in tutto il mondo per le stoviglie in porcellana e gli accessori da cucina.
In un singolo video, della durata di due minuti e mezzo, si chiedeva di raccontare l’azienda, evidenziando i tre punti di forza principali, ovvero la produzione interna, l’artigianalità e la ricerca nel campo del design.
Allo stesso tempo l’esigenza era quella di presentare le tre collezioni: per la casa, per il settore HoReCa e per il retail (quest’ultima con il marchio Andrea Fontebasso).
Come riuscire a unire tutti questi elementi in unico percorso narrativo? E come fare leva sulle emozioni parlando di oggetti non particolarmente emozionanti come un piatto o un bicchiere?
Lo spunto è venuto proprio da qui: un oggetto è un semplice aggregato di atomi di materia? Oppure è qualcosa in grado di assumere una carica emozionale diversa a seconda di chi lo usa?
La storia diventa quindi il viaggio dell’oggetto, dalle origini della materia attraverso le varie fasi della lavorazione (forno, decorazione manuale, design) per arrivare ai contesti di utilizzo – una casa, un ristorante e una sala per ricevimenti – popolati di vita.
È qui che entrano in scena le emozioni – che leggiamo nei gesti e nei volti degli attori, rinforzate dalle parole della voce fuori campo. Emozioni mai descritte, ma messe in mostra in modo spontaneo, per farle rivivere in chi guarda e ascolta così da condurlo per mano di scena in scena.
La conclusione non è che un ricongiungimento con l’incipit della storia, reso a livello visivo da una carrellata a ritroso che ci riporta alla scena iniziale, in un crescendo emozionale che raggiunge il suo climax nel messaggio del brand: “Un oggetto non è solo materia. È molto di più”.