È possibile trasformare attività tradizionalmente ad elevato impatto ambientale in un punto di riferimento in tema di sostenibilità? Abbiamo chiesto a Nicola Cantele, Direttore Generale di EGM– A.A. Eredi Gnutti Metalli.

Oggi non si fa che parlare di quanto sia urgente ridurre l’impatto sull’ambiente delle attività umane. Leggi e regolamenti diventano sempre più stringenti e strumenti come il bilancio di sostenibilità vengono adottati in misura crescente, non solo dalle grandi imprese ma anche dalle realtà più piccole. Un segnale positivo, che indica come una certa sensibilità ai temi ambientali si stia finalmente diffondendo in modo capillare, coinvolgendo aziende di qualsiasi dimensione e in qualunque settore. Ma se per chi opera nei servizi e nel digitale può essere semplice riuscire a consumare meno energia e meno risorse, diverso è il discorso per un’industria come una fonderia, vincolata a processi energivori, all’impiego di sostanze pericolose e alla movimentazione di ingenti quantità di materiali. Eppure, c’è chi riesce a fare di più, trasformando una produzione potenzialmente a rischio per ambiente e persone in un’attività sostenibile basata sull’economia circolare e sulla trasformazione dei rottami in nuova materia prima.

È il caso di EGM – S.A. Eredi Gnutti Metalli, realtà bresciana con oltre 160 anni di storia, specializzata nella produzione di barre in ottone. A raccontarci tutto è il Direttore Generale, Nicola Cantele.

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Andiamo subito al punto: cosa vuol dire per un’industria come la vostra essere sostenibili?

“Chi lavora nel nostro settore ha una responsabilità molto grande nei confronti della comunità e dell’ambiente. Ricordiamo che aziende come la nostra hanno bisogno di una speciale autorizzazione per operare, l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), necessaria per uniformarsi ai principi europei IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control). L’AIA è richiesta per legge a tutte quelle installazioni produttive potenzialmente in grado di generare danni significativi all’ambiente e si traduce in una serie di obblighi e controlli molto rigidi, oltre che nell’adozione di diverse best practice tecniche, di controllo e di gestione. Questo però è solo il punto di partenza: da qui in poi l’iniziativa è lasciata ai singoli e chiaramente non tutti hanno la stessa sensibilità e gli stessi obiettivi, anche se c’è un fatto che tutti dovrebbero considerare, ovvero che se si vuole continuare a lavorare bisognerà diventare più sostenibili. Non ci sono scorciatoie”.

Qual è secondo EGM la via per la sostenibilità?

“Partendo dal presupposto che molti oggetti non possono smettere di essere costruiti perché necessari (specialmente se parliamo di oggetti metallici che diventano componenti strutturali di tantissimi prodotti insostituibili), le variabili in gioco per un’industria come la nostra sono sostanzialmente tre: le materie prime, il consumo di suolo e le risorse impiegate. Noi abbiamo deciso di intervenire su tutte e tre queste variabili in misura determinante, trasformandole nei pilastri del nostro modello di business”.

Ci spieghi meglio.

“Per quanto riguarda la materia prima, utilizziamo quasi esclusivamente scarti di produzione e rottami che reimmettiamo nel ciclo produttivo, senza quindi dover comprare materiali nuovi. In merito al consumo di suolo, anche se le nostre lavorazioni necessitano di molto spazio, cerchiamo di razionalizzare i processi, evitando di costruire e di sottrarre metri quadri preziosi al territorio circostante. Riguardo alle risorse, infine, ci siamo dotati di due impianti fotovoltaici e di due sistemi di trattamento delle acque di processo, così da un lato riusciamo a produrre buona parte dell’elettricità che consumiamo e dall’altro non dobbiamo prelevare acqua dal sottosuolo. E se consideriamo quello che sta succedendo negli ultimi tempi, tra caro energia e siccità alternata a piogge torrenziali, mi sento di dire che soluzioni simili sono ormai imprescindibili”.

E per quanto riguarda le persone?

“Tutto quello che facciamo va nell’interesse della nostra comunità e delle persone che vivono sul territorio. Ma la sostenibilità si applica anche ai dipendenti, per esempio impegnandosi per migliorare la sicurezza in tutti i reparti produttivi, eliminando le mansioni a maggiore rischio e a minor valore aggiunto, che possono essere automatizzate senza ridurre o penalizzare in alcun modo l’organico”.

Tutto questo però ha dei costi. Essere sostenibili conviene?

“Essere sostenibili conviene sempre perché ne va del nostro futuro, visto che questo è l’unico pianeta che abbiamo a disposizione. Se ragioniamo in termini economici allora forse lavorare con i rottami può essere costoso, così come trattare le acque piuttosto che estrarle dal pozzo. Ma il punto è proprio questo: l’obiettivo non deve essere solo il profitto, ma il benessere collettivo”.

È possibile quindi un’economia circolare dell’ottone?

“Non solo è possibile, ma è una realtà, ed è quello in cui ci impegniamo da anni, cercando di diventare un modello virtuoso da seguire per altre aziende del nostro settore o di settori simili. Di tutta la materia prima, il 97% proviene per una metà dagli scarti dei nostri clienti, per l’altra dalle demolizioni di auto, caldaie ed elettrodomestici. La quota di materiale vergine impiegato è ormai trascurabile e continua a diminuire. In più, anche le scorie come la schiumatura di ottone che si forma nella parte alta dei forni vengono recuperate e trattate nel nostro mulino a biglie, sminuzzate, pulite e reimmesse nel ciclo. E nemmeno il residuo di questo ultimo processo si perde, perché affidato a imprese specializzate che lo riutilizzano. Insomma, non si sbaglia a dire che ‘dell’ottone non si butta via niente’ e questa è un’opportunità che non possiamo e non dobbiamo perdere: quella di produrre in modo sostenibile, trasformando gli scarti in una risorsa”.

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