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In un mondo del lavoro ancora in gran parte governato da figure maschili, cosa significa proporsi sul mercato con un’impresa fondata e costituita prevalentemente da donne? Conosciamo l’esperienza di Life In Group, raccontata dalla sua Presidente, Patrizia Fulgoni.

Sono sempre di più le aziende che si pongono come obiettivo quello di bilanciare il proprio organico inserendo un numero maggiore di figure femminili a tutti i livelli. Una tendenza ancora lenta ma comunque positiva, che riguarda però maggiormente le realtà più grandi e strutturate, più sensibili al tema della parità di genere e coscienti della necessità di cancellare ogni tipo di pregiudizio o discriminazione. Resta tuttavia ancora molto da fare affinché si operi un vero cambio di mentalità e si giunga a un punto di equilibrio in cui donne e uomini abbiano realmente le stesse opportunità di trovare lavoro e di fare carriera. Nonostante un contesto tanto complesso e controverso, non mancano realtà interamente al femminile che hanno saputo farsi largo con successo, facendo della femminilità un valore aggiunto, rispettato e apprezzato.

È il caso di LIFE IN, società bresciana con filiali in Italia e Romania specializzata in ricerca, selezione, formazione e gestione delle risorse umane. Abbiamo incontrato la Presidente e Fondatrice, Patrizia Fulgoni.

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Come è iniziata questa avventura?

“Era il 2006 e al tempo ero direttore generale di un’agenzia per il lavoro. A seguito dell’acquisizione da parte di un grande gruppo, ho notato un netto cambiamento nell’approccio e nelle relazioni e ho deciso di andarmene. Mi sono rivolta alla mia squadra e ho detto che avrei voluto iniziare una nuova esperienza, chiedendo chi volesse venire con me. Ad alzare la mano sono state solo donne. Alcune incinte. Alcune con problemi di salute, altre con difficoltà economiche, altre ancora con una situazione complicata a casa. E notare che gli uomini erano la maggioranza dei presenti. Nonostante le incertezze e la paura di perdere un posto sicuro, hanno avuto il coraggio di mettersi in gioco rischiando tutto, partendo da zero solo con le proprie forze. E le proprie idee.”

Nei campi HR e formazione, crede che le donne abbiano una marcia in più?

“Ne sono convinta. Le donne hanno una sensibilità innata a livello umano e relazionale, una dote che consente di comprendere e identificare la persona che si ha di fronte meglio di quello che potrebbe fare in media un uomo. E questa è la qualità più importante per un recruiter, professione in cui infatti si contano poche figure maschili. Per esperienza posso dire che, sempre per lo stesso motivo, le donne riescono come e meglio degli uomini anche nella parte commerciale e questo non c’entra nulla con il fatto di essere più o meno attraenti. Inoltre, noi donne siamo più competitive e sappiamo bene che una sana competizione interna può contribuire molto alla crescita di un’impresa. Naturalmente non deve essere troppa e va gestita in modo attento, come ogni altro aspetto strategico”.

Come viene vista da fuori un’impresa al femminile come la vostra?

“In quindici anni di attività sia in Italia sia in Romania non abbiamo mai avuto la percezione di essere sottovalutate o poco considerate, anzi: nel settore siamo molto rispettate e il fatto di essere prevalentemente donne è visto al contrario come una prova di competenza e affidabilità. Personalmente non ho mai sentito l’essere donna come un limite e penso che non si debba trincerarsi dietro al vittimismo. Se una donna vuole, può raggiungere qualunque obiettivo”.

Com’è la situazione in Italia e in generale?

“Oggi le donne ricoprono abitualmente posizioni di vertice: abbiamo donne imprenditrici, donne manager, donne primo ministro, donne influenti nella ricerca, nello sport e in tutti i campi. Col tempo la società occidentale sta perdendo parte dei suoi pregiudizi e gradualmente si intravvede un’apertura maggiore. Noi in Europa siamo fortunati, ma non serve guardare troppo lontano da casa nostra per trovare situazioni in cui le donne ancora non hanno diritti, non votano, non possono decidere della loro vita. E questo nel 2023 è gravissimo”.

Qualcosa però sta cambiando. A che punto siamo?

“Oggi le donne ricoprono abitualmente posizioni di vertice: abbiamo donne imprenditrici, donne manager, donne primo ministro, donne influenti nella ricerca, nello sport e in tutti i campi. Col tempo la società occidentale sta perdendo parte dei suoi pregiudizi e gradualmente si intravvede un’apertura maggiore. Noi in Europa siamo fortunati, ma non serve guardare troppo lontano da casa nostra per trovare situazioni in cui le donne ancora non hanno diritti, non votano, non possono decidere della loro vita. E questo nel 2023 è gravissimo”.

Quale può essere la soluzione?

“La risposta deve venire dalle donne. Abbiamo bisogno di modelli positivi da prendere come riferimento e promuovere ovunque. Non parlo di modelli irraggiungibili o effimeri, ma di storie di vita che possano essere da esempio e incoraggiare altre persone.
Questa mattina, per esempio, ero in videochiamata con una ragazza che ha aperto un’impresa individuale per fare ricerca di personale in Sicilia, una regione di per sé non facile da questo punto di vista. Ecco, secondo me le grandi donne sono quelle come lei. Quelle che decidono di sfidare il mondo da sole”.

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