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Oggi nella comunicazione fieristica si fa a gara a chi ha lo stand più ricco, più grande, con più ospiti e più tecnologia da sfoggiare. E se invece la soluzione più efficace fosse affidarsi a delle semplici parole?

Trasformare l’ordinario in straordinario

In un mondo sempre più digitale, la comunicazione fieristica rimane uno strumento di marketing potentissimo, capace di creare esperienze memorabili fondendo insieme nuove tecnologie, ultime tendenze e il potere evocativo della parola.

“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”, scriveva Ludwig Wittgenstein, sintetizzando perfettamente in una sola frase il fatto secondo cui ogni concetto che riusciamo a tradurre in linguaggio arricchisce il nostro mondo mentale, espandendo i confini del nostro pensiero.

In pratica, più curiamo la forma del nostro linguaggio e delle nostre parole, più sviluppiamo la capacità di costruire, elaborare e trasmettere pensieri, valori, fatti
ed emozioni.
Un’idea tanto semplice quanto preziosa, con implicazioni in tutti i campi del sapere, nell’insegnamento, nell’educazione primaria, nella letteratura e ovunque si utilizzi un qualsiasi linguaggio per comunicare, apprendere e descrivere la realtà.
Ma c’è un campo di applicazione a cui (forse) nemmeno Wittgenstein avrebbe pensato, che riguarda la creazione di esperienze uniche da vivere in diretta e dal vivo, come nel caso di uno stand per una fiera.

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Parola d’ordine: Experience

Che cos’è uno stand fieristico se non un generatore di esperienze per il pubblico?
Lo scopo è attirare il visitatore, incuriosirlo e intrattenerlo, conducendolo per mano lungo un percorso di avvicinamento al brand, al prodotto o all’azienda.
E cosa può risultare più attraente di uno stand grande, pieno di luci, colori, immagini, video e postazioni interattive?
Tutto vero, non per niente le imprese investono gran parte del loro budget annuale in comunicazione nella progettazione e realizzazione di stand sempre più tecnologici e originali.
Ma oltre agli effetti speciali, esistono altre risorse che non tutti considerano ed è qui che entrano in gioco le parole: non solo come strumenti di comunicazione, ma come veicoli di emozioni e significati.

Progettare uno stand intorno alle parole: il caso Omal

Omal è un’azienda un po’ atipica per quanto riguarda il modo di comunicare, in netto contrasto con ciò che ci si aspetterebbe da un’industria del settore metalmeccanico.
Il nostro è un approccio libero, se vogliamo artistico, in cui preferiamo evitare di parlare di noi e dei nostri prodotti, focalizzandoci sul nostro target; un approccio che quest’anno abbiamo deciso di adottare anche in fiera.

In un contesto come quello fieristico, in cui le parole vengono solitamente usate per descrivere prodotti, aspetti tecnici, performance e materiali costruttivi, noi abbiamo scelto di abbinarle alle immagini in modo creativo, come si fa nell’advertising. Lo scopo? Smaterializzare lo stand, trasformandolo in un luogo di relax e divertimento, per far sentire i visitatori a proprio agio e liberi di concedersi una piccola pausa dalle fatiche di una fiera.

Evocare emozioni

Abbiamo impiegato parole in grado di creare sensazioni positive, di pace, convivialità, sicurezza, divertimento, libertà e serenità, in modo da generare emozioni altrettanto positive e un’esperienza intensa e immersiva.

Il tutto senza esercitare alcun controllo: un aspetto affascinante delle parole è che, pur avendo un significato specifico, possono essere interpretate in modi diversi da persone diverse. Ciò vuol dire che ogni visitatore può dare un’interpretazione personale alle parole proposte, accendendo una connessione unica con il brand.

Ma mentre il percorso emozionale può variare, quello che non cambia è il messaggio, ciò che vogliamo comunicare a chi vuole conoscerci, ovvero la sensazione di sicurezza e di serenità che sperimenta chi si affida a noi e sceglie i nostri prodotti.

Dall’esperienza in fiera a quella in azienda

Siamo un’azienda che ha sempre amato giocare con le parole, dando molta importanza alla scelta dei nomi dei prodotti, per esempio, ma anche di eventi e progetti interni. Credo che questo derivi dalla mentalità di chi vive nel nostro territorio, la Valtrompia, una zona dove le persone sono molto pragmatiche, ma allo stesso tempo incredibilmente creative quando si tratta di parole.

Soprannomi, metafore e proverbi qui sono il pane quotidiano, tutte espressioni (molte delle quali in dialetto) che racchiudono in sé un significato profondo, spesso intraducibile e impossibile da esprimere in altro modo.

Come HR manager ho maturato la consapevolezza che per entrare in sintonia con le persone è essenziale scegliere con attenzione il linguaggio, il che non significa
ricorrere a un lessico sofisticato. Spesso poche parole, chiare e calibrate su chi si ha di fronte sono tutto quello che serve.

Parole per ispirare, motivare, unire

Che sia fuori o dentro l’azienda, la comunicazione efficace è un’arte che richiede sensibilità e intuizione. Ogni individuo è unico e merita un approccio ì personalizzato: un linguaggio adeguato può trasformare una semplice conversazione in un momento di connessione autentica, rafforzando il senso di appartenenza e la fiducia all’interno del team.

Inoltre, un linguaggio empatico e rispettoso contribuisce a risolvere i conflitti, a promuovere la collaborazione e a motivare le persone. È chiaro quindi che stiamo parlando di un fattore cruciale per il successo organizzativo dell’impresa.

Il linguaggio fa la differenza tra un ambiente di lavoro problematico e uno aperto e produttivo, dove ognuno si sente valorizzato e motivato a contribuire al meglio, crescendo professionalmente e individualmente.

Non una questione di stile, ma di cultura e rispetto

In definitiva, le parole sono molto più che semplici strumenti per comunicare: sono il ponte che collega le nostre idee, emozioni e valori con il mondo esterno.
In azienda, in un contesto fieristico o nella vita quotidiana, scegliere le parole giuste consente di costruire relazioni autentiche e durature.

E in un’epoca in cui la comunicazione è sempre più veloce e superficiale, prendersi questo tempo è un atto di cura e di rispetto verso chi ci ascolta. stesso tempo più evoluto.

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