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Siete un ODR senza scopo di lucro. In cosa consiste in sostanza il vostro lavoro?

“Il nostro scopo è essere un ponte tra il mondo scientifico e il mondo imprenditoriale. Obiettivo del nostro lavoro è far sì che la ricerca scientifica diventi un valore per le imprese e che gli avanzamenti ottenuti si trasformino in un patrimonio condiviso di conoscenza. Nella pratica, vogliamo assicurare l’erogazione di servizi attraverso metodi e procedure rigorose dal punto di vista metodologico e scientifico, ma allo stesso tempo in linea con la flessibilità richiesta dal mercato”.

In che modo la vostra attività può offrire supporto e beneficio alle imprese? Con quali servizi in particolare?

“Operiamo per sostenere le aziende italiane nel processo di transizione digitale, un percorso in cui la spesa privata in ricerca e sviluppo, innovazione e accrescimento delle competenze tecnologiche è un aspetto strategico. Il nostro team è composto da professionisti di alto livello che coordinano un gruppo più ampio di consulenti e ricercatori specializzati in base alla tematica, in partnership con altri organismi e università. Abbiamo una nostra ‘matrice’ operativa codificata, finalizzata a garantire una corretta esecuzione delle varie attività di analisi, studio e ricerca. Per le imprese svolgiamo prevalentemente attività tecnico scientifica, di pre-audit e di audit, con analisi preventiva e finale per valutare la corrispondenza dei requisiti previsti dalla normativa. A questo si aggiungono servizi istituzionali di trasferimento tecnologico e divulgazione scientifica, per massimizzare l’impatto dei risultati della ricerca e favorire la loro applicazione pratica”.

Cosa si intende per transizione digitale?

“Significa rendere disponibili dati e informazioni in modo interattivo e interconnesso al sistema aziendale, così da migliorare performance e competitività di un’impresa, in linea con gli obiettivi del modello 4.0. In particolare, il Piano Transizione 4.0 è una politica inclusiva e attenta alla sostenibilità, che prevede una maggiore attenzione all’innovazione, agli investimenti green e alle attività di design e ideazione estetica”.

Quali sono le tecnologie e i nuovi standard che definiscono l’industria 4.0?

“Si parla di nuove ‘tecnologie abilitanti’, ovvero tecnologie ad alta intensità di conoscenza associate ad elevata intensità di R&S, a cicli di innovazione rapidi, a investimenti consistenti e a posti di lavoro altamente qualificati. Tali tecnologie rendono possibile l’innovazione di processi, beni e servizi in tutti i settori economici; per questo hanno una rilevanza sistemica, sono multidisciplinari, interessano un ampio range di tecnologie e tendono a convergere e a integrarsi”.

Manuale di Frascati e di Oslo: di cosa si tratta e perché sono così importanti?

“Sono pubblicazioni dell’OCSE che servono a comprendere in modo chiaro e completo i delicati temi di R&S (il Manuale di Frascati) e innovazione (il Manuale di Oslo). Si tratta degli standard di riferimento internazionali per quanto riguarda metodologie e linee guida per la raccolta, la trasmissione e l’utilizzo dei dati. Nell’ambito degli incentivi previsti dal PNRR e dal Piano Transizione 4.0, questi manuali risultano essere fondamentali, in quanto espressamente e continuamente richiamati. Il nostro contributo è stato quello di curare la traduzione dall’inglese della versione originale all’italiano, con licenza ufficiale, supervisione e approvazione dell’OCSE, creando così uno strumento di riferimento chiaro che eliminasse qualsiasi incertezza interpretativa, a disposizione delle imprese che investono in innovazione”.

Che criticità si intravedono nel processo di transizione?

“Così come è accaduto per la rivoluzione industriale, la Transizione 4.0 rivoluziona completamente il modo di operare delle aziende, automatizzandolo ed efficientandolo, contraendo le attività a basso valore aggiunto. La maggiore criticità è data spesso dalla dimensione dell’impresa: di conseguenza le piccole attività sono quelle che rischiano di essere maggiormente penalizzate”.

Cosa manca in Italia per disciplinare la divulgazione del sapere?

“Da sempre nel nostro Paese il rapporto scuola/lavoro non viene sufficientemente valorizzato e a maggior ragione quello tra università e imprese. È proprio questo il nocciolo della questione e compito di realtà come la nostra è rendere disponibile, e quindi fruibile agli operatori economici, il sapere che deriva dalla ricerca scientifica. Siamo convinti che questo possa aiutare a colmare le lacune e a risolvere gli attuali difetti del sistema, anche nell’ottica di favorire un confronto e un dialogo costruttivo tra chi detiene il sapere e chi ha il compito di applicarlo nella vita reale”.