La stampa offset esiste da quasi due secoli. Cosa è cambiato da allora?
“Si tratta effettivamente di una tecnologia molto datata, basti pensare che l’anno scorso in MANROLAND abbiamo festeggiato i 150 anni di attività. Datato però non vuol dire obsoleto. Nel tempo la stampa offset si è evoluta moltissimo e oggi abbiamo macchine incredibilmente veloci e precise rispetto solo a cinquant’anni fa. Il grande cambiamento ha preso avvio alla fine degli anni Settanta, quando spinti da ciò che accadeva in altri settori (e specialmente in Giappone) si è iniziato ad applicare l’automazione alle macchine di stampa. Una volta era l’operatore a dover cambiare lastra e lavare i cilindri, e tutto veniva svolto rigorosamente a mano. Era un lavoro artigianale e piuttosto pesante, ma con l’avvento dell’automazione anche la stampa ha iniziato a modernizzarsi beneficiando delle nuove tecnologie, come per esempio i sistemi di lavaggio automatico del caucciù, di cambio lastra e di carico della carta. Le macchine di stampa cominciano così a integrare sempre più componenti elettroniche e pneumatiche, in grado di rendere possibile la gestione automatica di più fasi del processo. Ultimamente siamo orientati prevalentemente al miglioramento dell’efficienza, oltre che a semplificare e rendere più sicuro il lavoro degli operatori attraverso software smart e interfacce user friendly: oggi le macchine sono gestite da un computer e dal monitor è possibile controllare e gestire ogni singolo dettaglio. In definitiva, la meccanica alla base è la stessa, ma tutto il resto non ha mai smesso di evolvere“.
Cosa è cambiato dal punto di vista della qualità e della tecnica di stampa?
“Anche qui sono stati fatti passi da gigante, ma fa parte della normale evoluzione che riguarda tutti i settori, dovuta alla spinta a migliorare il prodotto da qualunque punto di vista. Per esempio, alcuni decenni fa i tempi di realizzazione erano abbastanza lunghi, a differenza di oggi dove tutti pretendono consegne in tempi record. Di conseguenza, si poteva stampare un colore alla volta e bastavano macchine più piccole, con un solo gruppo stampa. Negli anni le richieste sono diventate sempre più esigenti, per cui si è passati a macchine a più gruppi stampa, da due alle classiche quattro colori. Poi si aggiungono altre lavorazioni come la verniciatura e nascono le cinque/sei colori. Siamo arrivati a macchine che stampano, laminano, verniciano e creano anche effetti speciali, in grado di stampare su carta, cartone, plastica, Tetra Pak, finto tessuto e anche laminati metallici. L’obiettivo è sempre quello di arrivare a un prodotto qualitativamente migliore attraverso un processo ottimizzato al massimo, ed è evidente quanto l’ambito di intervento si sia allargato tantissimo”.
E in tema di sostenibilità?
“Il mondo della stampa, come altri settori, sta facendo molto e su vari fronti. Per quanto riguarda la produzione delle macchine, noi di MANROLAND partiamo da metallo di scarto che fondiamo in forni elettromagnetici a basso assorbimento energetico e riutilizziamo. Le macchine stesse sono dotate poi di sistemi che riducono il consumo, per minimizzare l’impatto generale del processo di stampa. Anche i produttori di inchiostro hanno fatto grandi progressi, riuscendo a limitare le parti inquinanti, e la stessa cosa vale per chi si occupa di sistemi di filtraggio. Per non dimenticare la carta, oggi in buona parte riciclata e prodotta con metodi sostenibili, senza disboscare ma al contrario prendendosi cura e rigenerando continuamente le aree verdi adibite. In sintesi, è un impegno che coinvolge tutti gli anelli della filiera”.
Qual è stato e qual è tuttora l’impatto della rivoluzione digitale sulla stampa offset?
“Che con l’avvento e la diffusione di Internet e delle tecnologie digitali una fetta di lavoro si sia persa, è innegabile. Pensiamo al materiale pubblicitario, ai flyer, alle brochure, ai manifesti, alle riviste e ai vari libretti di istruzioni: tutti prodotti in alcuni casi addirittura anacronistici e ormai spesso inefficaci, soppiantati delle loro versioni digitali. Ma per un settore che scompare ce ne sono altri che crescono fortissimo, come nel caso del packaging. Con la diffusione massiccia della grande distribuzione e il successo dell’e-commerce, infatti, il mercato ha bisogno di sempre più confezioni per proteggere i prodotti durante trasporti e spedizioni, oltre che come strumento di marketing per stimolare l’acquisto. Pensiamo ai prodotti alimentari, al mondo farmaceutico, alla moda e al lusso. Il packaging non è solo necessario, ma diventa un elemento strategico vitale: per questo il design deve essere curatissimo e la qualità di stampa eccellente, perché ne va della reputazione del brand e dell’azienda stessa“.
Esiste un conflitto tra mondo digitale e stampa tradizionale?
“Si tratta di due tecnologie agli antipodi, ma credo che in realtà il digitale, anziché penalizzare, stia contribuendo allo sviluppo della qualità della stampa. Per fare un esempio, tutti abbiamo visto in rete le immagini del nuovo telescopio spaziale della NASA. Bene, queste immagini digitali dovranno essere rese visibili e disponibili anche su supporto cartaceo, quindi sarà necessario un passo in avanti dell’attuale tecnologia di stampa. In generale, oggi esistono immagini digitali che nella realtà quasi non potremmo vedere, per via della nitidezza e dell’eccezionale copertura di colori: compito della stampa è trovare nuovi metodi per tradurre questa qualità su carta. In definitiva, il mondo digitale ci spinge a migliorare, spostando il livello del possibile ogni volta un gradino più in alto”.